ABOUT

Pier Luigi Fagan, 1958,  una moglie artista (sito) due figli, un gatto. Professionista ed imprenditore del marketing e della comunicazione per 23 anni. Da circa altri venti anni ritirato a “confuciana” vita di studio. Leggo, studio, scrivo come pensatore indipendente sul tema  della complessità, nella sua accezione più ampia: sociale, economica, politica e geopolitica, culturale e soprattutto filosofica [cosa si intende per “complessità” è specificato qui]. Nel 2017 ho pubblicato il mio primo libro “Verso un mondo multipolare” Fazi editore. Partecipo ad incontri e dibattiti, faccio conferenze, pubblico articoli poi ripresi (spontaneamente e gratuitamente da varie testate, però non collaboro organicamente con alcuna per scelta) e faccio parte dello staff che organizza l’annuale Festival della Complessità (QUI). Seguono altre più recenti pubblicazioni a libri collettivi.

Penso che la complessità sia la natura della nostra nuova condizione contemporanea, una condizione che subentra a quella precedente, semplicemente “moderna”. Tale condizione è generale per chiunque viva su questo pianeta ma per noi occidentali, ciò pone un inedito e specifico problema adattivo.

Lo pone perché le condizioni del nostro precedente modo di stare al mondo non sono più valide. Molti degli articoli e degli studi che verranno qui pubblicati, cercheranno di sostanziare questo giudizio. Ciò presupporrebbe la necessità di un cambiamento, un cambiamento tanto radicale quanto radicalmente nuova e profondamente diversa è la situazione attuale rispetto alla precedente. Purtroppo la struttura della nostra immagine del mondo, i nostri saperi, le nostre categorie, le logiche, i principi di validazione, le credenze e tutto ciò che di generale o specifico compone questo motore della nostra cognizione è derivato dal passato, più o meno prossimo o profondamente antico. Tanto per il pensiero dominante, quanto per la sua critica. Ne segue, un rischio generale di disadattamento, il disallineamento pronunciato tra mondo ed appunto il modo in cui lo conosciamo, lo interpretiamo, vi agiamo.

Il lento lavoro di studio che sto portando avanti da diversi anni e che solo dai più recenti ha preso la forma di questo spazio pubblico, cerca di esplorare le possibili coordinate di nuove mappe per il modificarsi dei nostri territori. Cercare, provare a riallineare “intellectus et rei” (con cautela debolista e molto problematizzata). Uno sforzo di pensiero nuovo per un modo nuovo di stare nel mondo che ci sta cambiando intorno. Cose e fatti complessi, meritano pensiero complesso, un pensiero ancora tutto da esplorare e sul quale siamo in generale, tutti, tremendamente in ritardo.

In tutti questi anni di studio e letture, questo pensiero è quello nel quale (al di là del giudizio complessivo sull’Illuminismo che è sicuramente da articolare) ho trovato la più profonda identificazione: l‘illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità di cui egli stesso è colpevole. Minorità è l’incapacità di servirsi della propria intelligenza  senza la guida di un altro. Colpevole è questa minorità, se la sua causa non dipende da un difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di servirsi di essa senza essere guidati da un altro. Sapere aude!  Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! Questo dunque è il motto dell’illuminismo. [ I. Kant in risposta alla domanda Che cos’è l’Illuminismo? 1784]. Questo appello al coraggio del proprio pensiero mi pare ancora valido ed oggi molto opportuno.

Ci sono momenti storici in cui questo coraggio dell’autonomia di pensiero è più importante di altri. Sono i momenti in cui “il vecchio muore e il nuovo non può nascere” per seguire un pensiero di Gramsci, i momenti della transizione. Uno di questi momenti è il nostro oggi.

Metodo: La mia auto-formazione è fatta di lettura e studio di testi, i principali delle principali discipline -dalla fisica alla metafisica- e non commentari o interpretazioni che pure frequento. Ad, oggi e riferendomi solo a questi ultimi quindici anni, i saggi affrontati sono quasi mille e trecento (ma qualcun altro l’ho letto anche nei miei primi quarantacinque anni, soprattutto letteratura, poesia, teatro), dalla fisica alla metafisica, per 22 anni di studio. Questo è stato possibile perché la mia unica attività è lo studio. Sembrerà strano (ed ai nostri tempi senz’altro lo è) ma la fortuna che ho avuto nel mio precedente lavoro mi ha permesso questa scelta di vita che è poi diventata una passione divorante. Se cito un libro è perché l’ho letto integralmente, in linea di massima. Questo mi ha reso  ben chiara la differenza che intercorre tra la lettura diretta di un testo e la lettura di una sua interpretazione. Le interpretazioni sono tutte interessanti ma derivando solo da esse la conoscenza non fa che riprodurre gli schemi in uso e questo in un periodo di repentina discontinuità, non è sempre un bene.  In alcuni casi, la comprensione del linguaggio di ciò che innerva una dato fenomeno culturale si è resa necessaria e l’ho condotta come nel caso della lingua cinese (per altro solo tre anni), in altri casi non l’ho fatto, come per la matematica o il tedesco o l’arabo. Prima che teorica, la mia formazione sui temi economici è stata “sul campo” essendo stato manager e a.d. di multinazionali e poi imprenditore. Non ho avuto un maestro, non sono stato forgiato all’interno del disciplinare di una scuola di pensiero, il mio pensiero non è condizionato da interessi mondani, non debbo fare carriera o piacere per forza a qualcuno, la mia vita materiale non dipende da ciò che penso e dico di pensare, non sono in competizione sociale con alcuno, non difendo una cattedra, sono stato il mio editore e distributore prima di pubblicare il mio primo libro con un editore in quanto tale, questo qui. Sono un “ritirato sociale” e quindi non ho obblighi di coerenza imposti dall’appartenenza a qualche comunità epistemica quindi è vano cercare di capire se sono marxista o post moderno, liberale o comunitario, umanista o scientizzante e non seguo poi con precisione neanche quei pochi canoni propri della cultura della complessità la cui vaghezza e pluralità garantisce asilo libero di pensiero. Del resto in una transizione di grande portata, ogni comunità epistemica è destinata a rompersi o a trasformarsi profondamente. Quello che faccio da quasi due decenni è circolare nel sapere, con giri più ampi (sistematici) o più stretti, tuffandomi ogni tanto in qualche approfondimento verticale (specialismi). Il campo privilegiato, quello nel quale mi sento a casa ogni volta che vi faccio ritorno, è la filosofia. Profonda stima ho per il lavoro di Aristotele e Kant.

Molti miei articoli che troverete sul web, in realtà parlano spesso di geo-politica. Non mi definirei un “geo-politico”, è solo che questa disciplina o meglio il suo oggetto, ha un interesse privilegiato per me in quanto inquadra un oggetto eminentemente complesso: il mondo. Geo-politica ha geografia, ma lo spazio, nel tempo è geo-storia. Ha concetti come “culture” e “civiltà”, ha certo politica ma ovviamente anche economia e finanza, fatti militari, demografici, culturali e religiosi, da ultimo tecnologici ed ambientali/climatici. Avendo il “mondo” ad oggetto, non può trascurare l’ecologia. Riguardando forme umane di vita associata non può prescindere da antropologia e sociologia. Poiché queste forme ormai convergono verso lo steso modello moderno, non si può prescindere da qualche tipo di conoscenza scientifica e financo tecnica. Insomma, l’interesse geo-politico oltreché ovvio visto che abito questo mondo e questo tempo, ha anche una base epistemologica.

In realtà, sono andato formando nel tempo un ambito più ampio che definirei “mondologia”, discorso sul mondo. Il mondo umano ha tre milioni di anni, solo cinquemila le forme di vita associata che chiamiamo “civiltà”, ma nei soli ultimi settanta anni l’umanità è stata soggetta ad una “grande inflazione” che ne ha triplicato gli effettivi, aumentato ed intensificato la matassa delle relazioni reciproche, ampliando l’utilizzo del modo economico moderno. E’ questo a dare la la “complessità” odierna. Per indagare questo mondo, sono necessarie molte discipline quindi un metodo “multi-inter-transdisciplinare”, metodo che confligge con la forma disciplinare verticale dell’accademia. Non è un metodo alternativo a quello delle specializzazioni, di cosa altro ci nutriamo per sapere qualcosa del Tutto sotto i diversi aspetti se non degli studi specifici? E’ complementare, ma purtroppo ancora molto sottosviluppato.

Grazie per l’attenzione che vorrete riservarmi, spero di poterla ripagare con la sostanza dei pensieri.

 pierluigifagan.wp@gmail.com

2 risposte a ABOUT

  1. Riccardo ha detto:

    Ciao Perluigi, ci eravamo scambiati un paio di mail, forse un paio di anni fa, con la proposizione di prendersi un caffe’ a Roma o Londra, che poi sia tu che io abbiamo lasciato cadere presi da altre cose.
    Riguardo la complessita’ avevo suggerito la lettura di Manuel Delanda, Intensive Science and Virtual Philosophy.
    Io sono a Roma quasi ogni martedi, mercoledi, giovedi; in UK dal venerdi al lunedi.
    Molto volentieri per quel famoso caffe e quattro chiacchere.
    Ciao, Riccardo

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.