COMPLESSITA’ E POLITICA.

Ricerca sull’ambiente teorico che ha indagato i nessi, relazioni e problematiche tra complessità e teoria politica.

La cultura della complessità, non si è mai davvero confrontata e declinata sull’aspetto politico. L’unico che lo ha fatto è stato per certi versi Edgar Morin, amico personale ed intellettuale del filosofo greco-francese Cornelius Castoriadis[i], fautore della democrazia radicale (vedi NOTA finale) quale anche chi scrive aderisce ideologicamente.

Morin[ii], politicamente, seguirà una parabola che lo porterà da ambienti e convincimenti di area marxista postbellica ad altri successivi di area socialista a seguito della presa di distanza dall’URSS che coinvolse buona parte dell’Intellighenzia francese, dentro una impostazione filosofica decisamente neo-umanista[iii], con forte sensibilità al contesto ecologico. Arriverà così ad uno dei suoi temi preferiti che è quello della navicella spaziale Terra e quindi Terra-Patria[iv] per tutti noi, pur divisi in gruppi a volte reciprocamente animosi, una comunità di destino obbligata. Siamo nell’alveo delle idee che discendono da James Lovelock (un irregolare di questa cultura), cioè Gaia, a cui poi ha di recente puntato anche Bruno Latour[v]. Su quetsa strada si è di recente incamminato in riflessione anche Peter Sloterdijk[vi].

Ne “I miei filosofi”[vii], onorati Eraclito e Spinoza, Morin ammira il coraggio autodidatta di Rousseau e si confronterà poi con l’enigmatica nozione di “volontà generale”, parallela per problematicità a quella di “interesse generale”. In breve, si tratta di un problema sistemico. Un sistema è fatto di parti, ma interesse e volontà delle parti, sommate, non danno volontà ed interesse generale dove il generale è del sistema non delle parti (teorema di Kenneth Arrow, in parte discusso criticamente poi da Amarrtya Sen). Per quanto l’ottica non potrà mai che provenire da parti, queste dovranno dedurre l’interesse particolare dal generale e questo potrebbe avere forme anche distanti dalle preferenze individuali poiché è del “sistema”. Genitori sacrificano spesso il proprio interesse personale per il bene della famiglia che però è un loro interesse personale non minore di quello individualistico-egoistico. Arriva così al decimo capitolo, il più esteso della collezione, a “fare i conti con Marx” ottenendo alla fine un condensato sopravvissuto alla critica revisione, abbastanza spietato date le premesse di giovanile passione.

Va detto che la cultura della complessità è tanto piena di area scienza quanto povera di area filosofico-politica. Se forse si esclude la poliedrica figura di Gregory Bateson ed un generico orientamento senz’altro progressista e filo partito democratico americano di buona parte della comunità di studio appunto americana, nessuno si è infilato interamente nel campo di analisi tra complessità e politica. Si può fare una parziale eccezione col dibattito (acceso) tra Niklas Luhmann e Robert Kelsen, con successivi contributi di Jurgen Habermas[viii], ma siamo in Europa.

Che io sappia, uno dei pochi che vi ha provato è stato Daniel Innerarity, basco (quindi europeo) cattedratico proprio di Filosofia politica pubblicato in Italia da Castelvecchi[ix]. Nel 2015 incoronato come uno dei 25 più importanti pensatori al mondo a OBS. Nel 2022, esce con “Una teoria della democrazia complessa”[x] dove, per primo, sembra intuire la corrispondenza tra ontologia dei sistemi politici, democratici nel caso e complessità. Inerrarity svolge una ottima analisi a largo spettro, segnalando criticità e ritardi teorici, muovendo tra modelli rappresentativi e diretti di democrazia. Ma il cuore della riflessione più interessante (e condivisibile) è nel capitolo 15. L’intelligenza della democrazia, dove si finisce lì dove finiamo tutti coloro che parlano del tema partendo da una immagine di mondo complessa: si tratta al fondo di questioni gnoseologico-ontologiche e culturali come fondo da cui la politica “emerge”.

Proviamo a sviluppare ulteriormente l’argomento.

Be’ l’ontologia della complessità è in genere sistemica ed i regimi politici sono senz’altro sistemi. I tre sistemi del logos tripolitikos classico sono quello dell’Uno, dei Pochi, dei Molti. Pare poco complesso il caso dell’Uno che ordina tutto il Molteplice sottomettendolo al suo ordine rigido. Sembrano più complessi i casi dei Pochi dove si potrebbe dire che un sistema minore governa il maggiore (oligarchie liberali) ed il caso dei Molti (democrazia più o meno reale) dove siamo in piena auto-organizzazione adattativa con continue emergenze, il caso direi più preciso di corrispondenza tra complessità e politica.

Il sistema pienamente democratico (quindi non ci riferiamo alla versione di “democrazia di mercato” che fa venire l’orticaria solo a pronunciarla o la democrazia liberale che non si vede perché deve esser liberale e non ad esempio socialista o la democrazia costituzionale formale, la democrazia reale non dovrebbe avere qualificazioni ideologiche, solo funzionali), sembra essere la perfetta declinazione della logica della complessità in politica. Potremo dire che così il mercato ideale lo è per lo scambio e traffico economico, la democrazia lo è per il contesto politico. Non confonda questo binomio, il mercato va nell’economico non nel politico e in termini di complessità sociale e politica, dovrebbe esser sempre la democrazia e non il mercato a governare i processi autorganizzati politici. Poi il mercato è un sistema impersonale, mentre la democrazia è fatta di individui intenzionati ed autocoscienti, quindi l’analogia zoppica.

Derive di tutt’altro tipo, l’anarco-liberalismo a dominio di mercato, un caso di estremismo econocratico di destra ed ultradestra, il liberalismo classico e ossessionato da paranoie di totalitarismo maggioritario democratico con la sua smania di “fare il mondo” che invece dovrebbe farsi da sé per magia di mercato (tipo ripetuti fallimenti tra fine Ottocento e primi Novecento che culminano nel ’29 e da cui nasce il neoliberalismo americano ad opera di Walter Lippmann), i sospetti in tal senso dei liberali Dario Antiseri e Giovanni Sartori, gli strali di Friedrich von Hayek, Bruno Leoni e Hans Hermann Hoppe. Hayek, in particolare, oltre a manifestarsi ultra-federalista, avanza l’idea di una demarchia che sarebbe una specie di democrazia miniarchica senza Stato o quasi, basata sul principio dell’estrazione a sorte. Nel 1964, Hayek si lancerà diretto sul tema con “The Theory of Complex Phenomena” anche se dal punto di vista dell’analisi epistemologica. Hayek la testa ce l’aveva, partendo dalla logica mercato è ovvio arrivasse a problemi di complessità e politica. Ci era arrivato anche Adam Smith visto che pare dopo la Teoria dei Sentimenti Morali e l’Inquiry, lavorava al terzo tomo appunto “politico” della sua trilogia. Peccato dette lascito testamentario di bruciare i manoscritti se morto prima di terminare l’opera, che è poi ciò che avvenne.

Tornando invece alla nostra ontologia di sistema politico, la democrazia (reale) è descrivibile come parti (cittadini) in interrelazione (dibattito, confronto, decisione), al fine di esprimere la volontà generale del sistema non somma delle sue parti, ma propria dell’intero.

A condizione vi sia una buona informazione interna e sua circolazione, nonché livelli di conoscenza e consapevolezza di un certo livello ed al contempo, qualità, tutte le parti potranno assorbire gli shock adattativi, ripartendo nel loro totale la pressione adattativa, anche quella improvvisa e fuori scala. Questo fa del sistema democratico, o meglio farebbe, la forma più adattativa possibile vero e proprio veicolo in cui ci potremmo e dovremmo rifugiare per proteggerci e sfidare il contesto. Altresì, modelli di onesta equivalenza, se non uguaglianza redistributiva (culturale, sociale, economica, di “rinoscimento” che a volte non è neanche materiale), aumenterebbero la sua resilienza coordinata interna, la parti sarebbe sollecitate alla solidarietà. La sua elasticità, le sue capacità di assorbimento, la sua capacità di riformulazione, sarebbero pienamente nella logica di dinamica adattativa, vero e proprio sistema omeostatico sociale in grado di compensare gli sbalzi termici della dinamica della nuova Grande Transizione.

Certo, va concesso che le lungaggini e complicanze umane rallenteranno il funzionamento del sistema, tuttavia un sistema lento ma adattativo è sempre meglio di uno veloce che alla prima curva va fuori a schiantarsi. Non è la sincronia temporale il dovere categorico, anzi de-sincronizzarsi un po’ permette la pianificazione delle previsioni. È la gestione delle interrelazioni e la gestione degli impatti e perturbazioni, nella capacità di riformularsi, che si gioca la partita.

Ma ricordiamolo, senza informazione, conoscenza, redistribuzione, dibattito e soprattutto tempo, tutto ciò è precluso in partenza. Su gravi asimmetrie nella capacità culturale, non si fa alcuna democrazia, scordatevelo, non ha senso. Inoltre, la democrazia non sarà mai un sistema che si applica A,B,C,…Z et voilà! Ecco il migliore di mondi possibili!!! Una democrazia è un processo di costante evoluzione che andrà continuativamente curato, fertilizzato, indirizzato anzi, in grado di farlo da sé. Come si dice in questi casi: auto-istituente.

Il sistema democratico reale dell’entità “x” avrebbe poi a interrellarsi agli altri sistemi presenti del suo ambiente. E qui rientriamo nelle normali logiche delle Relazioni Internazionali, dove però la “politica” che dovrebbe seguire la strategia deliberata e condivisa, sarebbe -di nuovo- patrimonio comune delle parti. Qui, sarebbe da notare che, un sistema politico democratico reale, opererebbe dalla decisiva decisione a monte su sistemi autonomi o eteronomi, ovviamente in direzione dell’autonomia, del darsi la legge da sé. Ma per praticare autonomia, in quel contesto, è richiesta potenza e potenza chiama massa.

Per l’Italia, una condizione eteronoma è l’attuale ovvero NATO o NATO no. Il nomos è NATO non Italia, il maggiore deve o no deve subordinarsi al minore? O s’intende NATO maggiore di default (se non si è cittadino democratico reale italiano)? Una condizione di autonomia strategica farebbe un altro ragionamento e cambierebbe assetto. Partirebbe dalla domanda: quale forma di sistema militare difensivo è necessario all’Italia nell’ambito di una transizione multipolare? C’è bisogno di massa, potenza e tecnologia, non certo di livello nazionale, anche in caso di dichiarata neutralità. Allora, geopoliticamente, sarebbe utile avere alleanza di luogo e prospettiva, ovvero nazioni omologhe nel Mediterraneo europeo, geografia dice quello. Cioè? Cioè le greco-latine-mediterranee con le quali -uniche per caratteristiche storico-culturali- si dovrebbe e potrebbe fare anche una necessaria unione politica federale (del resto è nella logica della Difesa pretendere unità politica). Si tratterebbe di un sistema da 200 mio di unità, terza potenza economica planetaria, dotata di sua moneta, tendenzialmente pacifica ma ben conscia dei doveri di difesa. Anche al limite inserita in NATO, ma con un peso ed autonomia stretegico-tattica diversa da quella che oggi hanno Italia, Francia e financo Germania. Un sistema che comparato a Russia, Turchia, Israele, Egitto, Nord Africa e Shael, avrebbe la sua posizione e peso non secondario (dotato ovviamente di atomica fornita dai francesi). Anche in vista dei benefici di ritorno dello sviluppo militare che sappiamo quanto traino danno alla ricerca e sviluppo tecnologico, che oggi ci vedono tutti supini clienti del centro americano, soprattutto nell’info-digitale, catena e guinzaglio di dipendenza obiettiva che andrà avanti per anni ed anni. Anche in vista di un possibile sviluppo di militare sì, ma difensivo, un mercato che a dimensione mondo potrebbe trovare molti interessati. Nel mondo multipolare, è probabile incontrerebbe molta positività il potersi schierare in modalità “attento ad attaccarmi” senza per questo sotto-intendere “altrimenti ti attacco io, magari prima che lo faccia tu (si vis pacem para bellum)” che porta sempre un fraintendimento ambiguo e provocatorio.

Era in fondo questo l’ambito di riflessione che animò l’idea di Impero latino di Alexander Kojeve negli anni ’50[xi], prima che la Francia aderisse alla NATO e stante che il filosofo era in realtà anche un reale funzionario del Ministero degli Esteri francese e con l’idea entrava nel dibattito strategico di quel Paese appieno. Paese che promuoveva l’idea operativa di un Comunità Europa di Difesa (CED 1954) poi sabotata in approvazione proprio dai francesi, lasciando morire la linea delle unioni politiche e quindi vive solo quelle delle unioni economiche prima di mercato, poi monetarie con appalto sostanziale di difesa agli atlantici, una chiara devoluzione di autonomia.

Invito chi legge a non avere davanti il mondo in ottica fissa al momento di adesso, ma il mondo che potrebbe essere, che noi stessi potremmo costruire intenzionalmente e seguendo linee teoriche che prescindono dalla triste contingenza (Macron, Meloni, von del Layen etc.). Le idee di Kojeve erano nella logica delle cose, la logica delle cose ha una sua forza, sono le “nervature dell’Essere” che ogni macellaio deve rispettare secondo Platone, quando taglia e porziona la realtà.

L’esempio mostra ai persi nel dilemma EU-NATO vs Sovranità, che se ci riferisce liberamente al contesto che è poi quello che detta la realtà adattativa, il problema è un altro e la soluzione pure. Ecco cosa porta un sistema che si vuole strategicamente autonomo, su base di interesse generale condiviso, a riformulare il contesto e le regole di interrelazione. Questo è un esempio di modalità adattativa attiva, non accettare le partizioni date, date da precise immagini mondo non perché date oggettivamente.

Inoltre, politica e mondo oggi significa anche ambiente e clima. Di nuovo, massa e potenza sono richiesti anche per affrontare queste compatibilità problematiche. Un nuovo soggetto politico-giuridico-militare-fiscale (uno Stato, federale quanto di vuole, ma uno Stato pieno) latino-mediterraneo, potrebbe essere mediatore di equilibrio tra le diverse aree mondo, anche in base la sua dotazione naturale, l’età dei suoi abitanti, un posizionamento di “quasi saggezza” che ci converrebbe tutti adottare tra mondi giovani asio-africani ed i vecchi occidentali in decadenza forzata.

Infine, il tempo. Una piena democrazia permette la navigazione temporale adattiva, cambiando di continuo forme ed azioni adattative verso l’esterno, riformulando continuamente l’interno. “Del doman non v’è certezza” diceva il poeta ed in condizioni di incertezza meglio comunque dotarsi di condizioni di possibilità, di “in potenza” da trasformare “in atto”. Una democrazia reale è in grado di far tutto ciò molto meglio del sistema dell’Uno che trascina tutti, dei Pochi che trascinano i Molti non mettendosi mai in discussione e quindi soffocando di principio l’emergenza dell’interesse generale.

Ci sembra di poter dire senza forzature che un sistema democratico reale, mostra gradi di fitness adattiva ad un contesto in piena e profonda, accelerata transizione epocale, maggiori di ogni altro, complessità e democrazia si coimplicano.

Segnalo che in Italia, fa fuoco diretto sul tema del nostro argomento, la riflessione di Roberto Menotti (ISPI, ASPENIA)[xii], di impostazione atlantico-liberale[xiii] ed Ernesto Paolozzi[xiv], liberale crociano ahinoi deceduto anche giovane nel 2021. In ambiente teorico crociano troviamo anche Giuseppe Gembillo (nonché figura storica del pensiero sulla complessità italiana, stretto amico di Morin, non meno degli altrettanto storici Mauro Ceruti e Giancluca Bocchi[xv])  e questa tradizione risale alla Scienza della Logica di Hegel. Non risultano invece sviluppi nell’area di sinistra ma del resto non ne esistono su tanti altri temi essendo la produzione culturale di quell’area sotto paralisi da trauma, pare, incurabile.

Un sintomatico caso di sconfortante confusione, chissà quanto politicamente voluta, da parta di alcuni ambienti epistemici liberali o neoliberali nella stroncatura di Sophie Chassat , che ha eccitato le menti vivaci de il nostro italico Il Foglio . Un caso inquietante in cui la complessità diventa un “dogma” ??? Oddio, dopo i sei volumi de la Methode, parlare di complessità-dogma è davvero una canagliata intellettuale. Del resto, nei dibattiti, che si fa fatica a definire tali, sulla guerra russo-ucraina, ogni richiamo a livelli meno elementari dell’invasore-invasato, alzava alti lai di effrazione morale. Ma, tutto ciò, anche un caso paradigmatico da assumere autocriticamente dal parte della cultura della complessità, sulla vasta ignoranza che l’accompagna e forse un certo eccessivo abbandonarsi su una eccessiva indeterminatezza teorica o sotto-determinazione teorica su cui alcuni di noi indugiano più del dovuto, con linguaggi inafferrabili ed idee nuvolose.

A proposito delle platoniche nervature dell’Essere, si trovano inaspettati echi positivi di questa logica, nell’opera del sistemico bolscevico A.A. Bogdanov[xvi]. Quivi, spicca la proposta di una nuova disciplina multidisciplinare la Tectologia, in cui troviamo sistemica e cibernetica della prima ora, del tutto indipendente dai successivi corsi e sviluppi di area americana, un caso parallelo e quindi interessante, di simile ordine mentale sgorgato dal rapporto col reale a distanza. Ma anche linee di revisione filosofica teorica del marxismo-leninismo. Bogdanov sarà uno dei fondatori del bolscevismo, poi in aperta divergenza con l’amico Lenin. Con un po’ di fantasia, si troverebbero accenni di complessità nella Dialettica della natura di Engels, derivati sempre da Scienza della logica di Hegel.

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Concludiamo questa piccola ricerchina su COMPLESSITA’ e POLITICA. A) La parziale egemonia americo-scientifica sulla cultura della complessità, ha portato ad una scarsa presenza riflessiva generale a cui fa un po’ eccezione l’area continentale, come sempre in questi casi; B) pochi però hanno trattato il tema in senso analitico e non sintetico mettendoci sopra le proprie preferenze ideologiche che fossero liberali o progressiste; C) a livello analitico invece, complessità e politica sembrano coimplicarsi fortemente e forzatamente, ma soprattutto positivamente.

Proprio un sistema di democrazia reale cioè radicale, sembra mostrare i più alti livelli potenziali di fitness adattativa ad un mondo complesso travolto nella Grande Transizione. Sul concetto di Democrazia Radicale torneremo in seguito con maggior profondità concettuale, in articoli di studio dedicati.

Dove quello che alcuni ritengono erroneamente utopia, si mostra buonsenso, sempre avercelo anche nell’impianto di giudizio dell’immagine di mondo.

[Una versione parzialmente diversa dal sito del nostro Festival: https://www.festivalcomplessita.it/politica-e-complessita/]

Nota: con “democrazia radicale” s’intende una forma di democrazia costruita su principi estratti (quindi non su modello) dall’esperienza storica antico-greca. Principi da elaborare ovviamente, riadattare, valutare ed integrare. Ha poco o nulla a che fare con la definizione di democrazia oggi più o meno in atto nei paesi occidentali, e non solo sull’asse diretta-rappresentativa. Anche la democrazia intesa come nostro dettato Costituzionale, per un democratico radicale, non è vera democrazia è repubblicanesimo,


[i] https://www.doppiozero.com/cornelius-castoriadis-la-democrazia-oltre-la-crisi

[ii] E. Morin, Il paradigma perduto. Che cos’è la natura umana, Mimesis 2020

[iii] https://www.doppiozero.com/edgar-morin-vita-incontri-fatti

[iv] E. Morin, Terra patria, R. Cortina editore, Milano, 1994

[v] https://www.arte.tv/it/videos/106738-003-A/intervista-a-bruno-latour/

[vi] P. Sloterdijk, Il rimorso di Prometo, Marsilio editore, Venezia ì, 2024. Qui in Italia anche Alberto de Toni, A. Vianello, R. Marzano, Antropocene e le sfide del XXI secolo, Meltemi editore, Milano, 2022. Anche De Toni è figura storica del pensiero complesso in Italia, oggi è sindaco di Udine.

[vii] E. Morin, I miei filosofi, Edizioni Erickson, Trento, 2013

[viii] https://www.docenti.unina.it/webdocenti-be/allegati/materiale-didattico/34168036

[ix]https://www.castelvecchieditore.com/autori/daniel-innerarity/

[x] D. Innerarity, Una teoria della democrazia complessa. Governare nel XXI secolo. Castelvecchi, Roma, 2022

[xi] A. Kojeve, Il silenzio della tirannide, Adelphi, Milano2004; da p. 163: Impero latino.

[xii] https://www.youtube.com/watch?v=MPwu273CGvM

[xiii] https://www.ernestopaolozzi.it/la-complessita-della-politica-e-la-politica-della-complessita/

[xiv] https://www.ernestopaolozzi.it/ + https://www.ernestopaolozzi.it/la-complessita-della-politica-e-la-politica-della-complessita/

[xv] https://www.mauroceruti.it/la-sfida-della-complessita/

[xvi] https://it.wikipedia.org/wiki/Aleksandr_Aleksandrovi%C4%8D_Bogdanov

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About pierluigi fagan

66 anni, sposato con: http://artforhousewives.wordpress.com/, due figli, un gatto. Professionista ed imprenditore per 23 anni. Negli ultimi venti e più anni ritirato a "confuciana vita di studio", svolge attività di ricerca multi-inter-transdisciplinare da indipendente. Il tema del blog è la complessità, nella sua accezione più ampia: sociale, economica, politica e geopolitica, culturale e filosofica. Nel 2017 ha pubblicato il libro: Verso un mondo multipolare, Fazi editore, nel 2015 uscirà Benvenuti nell'Era Complessa per Diarkos editore. Ogni tanto commenta notizie di politica internazionale su i principali media oltre ad esser ripubblicato su diverse testate on line. Fa parte dello staff che organizza l'annuale Festival della Complessità e pubblica su specifiche riviste di sistemica. Tiene regolarmente conferenze su i suoi temi di studio, in particolare sull'argomento "Mondo e complessità". Nel 2021 è uscito un suo contributo nel libro collettivo "Dopo il neoliberalismo. Indagine collettiva sul futuro" a cura di Carlo Formenti, Meltemi Editore. A seguire: "Europa al bivio. Tra radici e sfide" a cura di Vincenzo Costa, Marcianum press, 2024 Venezia e "L'era multipolare: competizione o cooperazione" a cura di Gabriele Germani, La Città del Sole, 2024, Napoli.
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5 Responses to COMPLESSITA’ E POLITICA.

  1. Avatar di antonio martiradonna antonio martiradonna ha detto:

    La complessità dovrebbe essere descritta con la ” semplicità “.Mi conceda la battuta. Così non è , con lei . Allora sa cosa faccio ? Annullo la mia iscrizione al suo blog . Lei non accetta commenti critici , nè io sono interessato alla miriade di nomi di autori da lei citati . Sinceramente stia bene .

  2. Avatar di antonio martiradonna antonio martiradonna ha detto:

    Egregio , ho provato a cliccare “annulla l’abbonamento ” scritto in blu , ma non funziona . Ah , ah che ridere ! Non sono insicuro, nè ansioso ma freddo e razionale . Altrimenti non avrei potuto lavorare nelle raffinerie di petrolio dove il minimo errore può risultare catastrofico . Sa , adattamento comportamentale alla professione . Mi cancelli lei .

  3. Pingback: Politica e complessità | Festival della Complessità | XIV Edizione 2024

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